Fra i luoghi rustici e tipici, Ganda dispone di caratteristiche proprie e inconfondibili. Attraverso i secoli transitarono al vertice della sperduta località, viandanti provenienti dalle Valli Seriana e Brembana. Al tramonto del 999 arrivarono sul posto alcune persone di Aviatico per scappare al grande terrore del Mille. Lo storico Zambetti sostiene che il nome della frazione deriva da gant che nell'idioma celtico significa rovina di sassi, cumulo di rocce franate. Questo perché millenni or sono una violenta scossa tellurica aveva frastagliato in più parti la montagna della Cornagera ed il pietrame caduto ricoprì la parte sottostante. Mancando sul posto l'acqua ed il necessario per l'alimentazione ci si dovette adattare ad un regime quasi selvaggio. Nel tempo l'esistenza migliorò; grazie ad una vita più civile, la piccola borgata progredì; venne costruito un sentiero sino ad Orezzo; ebbe inizio l'allevamento di capre e pecore e furono innalzati degli stalli per il ricovero dei bovini; inoltre i fedeli al culto cristiano costruirono sul punto più alto della località (a quota 1071 metri) una Tribulina che venne usata per la preghiera e la sepoltura dei morti. La sua storia procedette eguale a quella dei villaggi vicini e fu solo nel 1378 che si registrò un avvenimento di risonanza: il duca di Milano Barnabò Visconti animato di odio e di vendetta verso i potenti de' Signori di Comenduno mandò alla conquista di quel borgo fortificato numerose colonne di mercenari sotto il comando del ghibellino Giovanni Oldofredo di Iseo, con l'ordine tassativo di raderlo al suolo se quel signorotto non si fosse sottomesso alla sua giurisdizione. Alcuni guelfi, prevedendo inutile la resistenza fuggirono al vertice della montagna e si installarono attorno all'edicola religiosa della Tribulina che sorgeva a mezzogiorno del villaggio montano.
Ritornata la serenità sotto il governo della Repubblica di S. Marco di Venezia, l'esistenza nel villaggio riprese fiorente; venne eretto un tempio accanto ad un pugno di case unite tra di loro, tempio messo sotto la protezione «Madre di Dio». Vennero trasformate in strade carrabili le mulattiere colleganti Amora ed Orezzo e 1'armentizia ebbe impulso.Quando verso il 1427 le signorie iniziarono a sottomettere alla loro giurisdizione paesi e borghi e molte località chiesero l'aiuto tutelare della Repubblica di S. Marco, gli abitanti di Ganda rimasero neutrali.
Durante la dominazione dei francesi prima e degli austriaci dopo i residenti del villaggio rimasero cauti e guardinghi: a conoscenza di quanto avveniva in altre località ostili a questi atroci regimi, usarono un metodo eloquente; sottomissione e silenzio. Quanto nella mattina del 5 giugno 1850 i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi liberarono la Lombardia i pochi abitanti di Ganda salutarono con grande gioia il felice evento. Si ebbe in quella serena situazione un miglioramento in ogni campo: il piccolo tempio Madre di Dio venne ristrutturato ed ampliato; la Tribulina che si ergeva in alto come caposaldo goniometrico per l'orientamento, fu abbandonata perché i muri perimetrali erano in preda alla rovina. Si prospettò un felice avvenire: alcune famiglie residenti a Rova e Gazzaniga, spronate dal desiderio di una vita tranquilla lasciarono le loro case e andarono ad abitare nell'isolata frazione di Ganda. Dopo il Novecento con l'apertura di alcuni stabilimenti nella Valle Seriana, i pochi uomini del lago si orientarono verso nuove forme di lavoro: si allontanavano dal villaggio sull'alba del lunedì per far ritorno al sabato dopo il crepuscolo. Sul posto restavano le spose e gli anziani che avevano il compito della cura dei figli, della vigilanza sui bovini, capre e pecore, della raccolta della legna nei boschi e del taglio dell'erba sulla vasta estensione. Però attraverso gli anni i «pendolari» si stancarono di fare la spola e Ganda continuò a spopolarsi. Anni dopo le persone residenti si potevano contare sulle dita di una mano e la vita si fermò come nel tempo antico. Solo nei giorni festivi vi era un palpito umano; negli altri la quiete era profondissima. Oggi ad abitarci è rimasta una sola famiglia; d'estate, invece, parecchi sono i forestieri. È stimolante percorrere la carrabile che porta al vertice del Monte Rena dove sul crinale principale sorge il ripetitore TV. Anche la mulattiera della Val di Gru che porta alla «baita delle spine» ed alla bianca «casa degli spiriti» possiede curiose bellezze naturali; simpatiche le passeggiate verso Ama ed Amora e, volendo, fino a Salmeggia. Per una camminata più impegnativa, dopo aver lasciato alle spalle il roccolo Mansueto e presi i sentieri antichi, si arriva alla Cornagera. Se si prosegue, si giunge al Monte Poieto, seducente richiamo turistico. Infine, usando la Provinciale che attraversa Orezzo e giunge a Gazzaniga, ecco le cave dove nel passato la Ditta Remuzzi di Bergamo estraeva blocchi di marmo speciale.
Ganda possiede due templi: quello attivo che ha sostituito l'antica edicola Madre di Dio; fu ampliata e restaurata varie volte attraverso gli anni ed è attualmente dedicata a «Maria Assunta». È una chiesa tipica, linda, silenziosa, mistica. Nel luogo sacro una pregevole opera di Giuseppe Battista Paganessi di Vertova, allievo di Ponziano Loverini. La chiesa di S. Maria Assunta fu eretta parrocchiale dal vescovo Giovanni Emo con decreto 25 maggio 1619 e venne consacrata dal Vescovo Antonio Redetti il 30 maggio 1737. In epoca imprecisata essa fu prolungata con una specie di atrio interno. Un restauro pittorico decorativo del 1957 compromise in parte l'interesse della facciata recante in sei nicchie le immagini dipinte della Vergine e dei santi Giuseppe, Rocco, Pietro, Paolo e Antonio abate. All'interno l'attenzione maggiore va alla pala del Crocifisso circondato dalla Madonna, S. Giovanni evangelista, S. Rocco e S. Sebastiano, dipinta da Giovanni Brighenti nel 1819. L'Assunta della pala centrale è di ignoto del '700. Gli affreschi furono realizzati dal vertovese Gian Battista Paganessi nel 1926.
La statua della Vergine Assunta è di Alessandro Gritti (c. 1944). Appena discreto l'altar maggiore in stile neoclassico, consacrato il 24 giugno 1908 dal vescovo Giacomo Maria Radini Tedeschi che vi sigillava le reliquie dei santi martiri Prospero e Simplicio. Tra i paramenti e gli arredi sacri, di buon pregio una pianeta in raso e ricami in oro e seta variegata con fiori e uccelli, del '600, e un calice di rame dorato con base del primo '500 e coppa dell'800. Riposto un discreto genuflessorio barocco.
L'organo fu fabbricato dalla ditta Luigi Parietti nel 1885. Il campanile in conci di pietra venne sopraelevato un poco nel 1948 a cura dell'ing. Camillo Galizzi. Tre campane vi furono consacrate dal vescovo Pier Luigi Speranza nel 1854. L'altro tempio noto come «Tribulina», usato nei tempi remoti per le funzioni religiose e sacello dei morti, si trova alla sommità di un alto cono. Dopo essere stato per molti anni in balìa della rovina è stato di recente ristrutturato conservando nel tessuto edilizio e nelle pitture lo stile dei secoli passati.